lunedì 8 settembre 2008

Un pomeriggio al 'Settimo Cielo'

Non fatevi ingannare dal titolo, non è una mezza giornata passata nel divertimento più sfrenato tanto meno nel piacere, anzi tutt'altro. Voglio raccontare questa mia esperienza fatta insieme a un amico, si chiama anche lui Marco, un pomeriggio qualsiasi al Centro Tumori di via Venezian a Milano. Da questo mio scritto si potranno capire molte cose sulle motivazioni che mi hanno spinto a militare attivamente in associazioni per la ricerca sul cancro e al punto di volerne creare addirittura una io stesso.
Fin dall'inizio della nostra attività teatrale a scopo benefico, nostro grande desiderio e di tutto il gruppo era portare uno nostro spettacolo proprio ai bambini ammalati. Volevamo regalare qualche ora di gioia e spensieratezza e, perchè no, magari durante il periodo natalizio dove in certi ambienti ce ne più bisogno di altri, ma non sapevamo come fare. L'intento era proprio quello di presentarsi direttamente all'INT l'Istituto Nazionale dei Tumori e chiedere di poter fare uno spettacolo per i piccoli degenti, ma non avevamo la minima idea di dove rivolgersi e a chi chiedere. Mandai una email, forse anche con poca convinzione, alle ragazze gentilissime dell'AIRC, nota associazione che sostiene la ricerca e dove io sono volontario da parecchi anni, pensando che questa mia richiesta non avrebbe avuto seguito proprio per le difficoltà che sarebbero emerse dall'enorme ingranaggio della burocrazia di quel centro d'importanza mondiale.
Nella mia email spiegai cosa volesse dire per noi il teatro per la vita e la sua missione di solidarietà nel sostenere la ricerca oncologica in specialmodo quella pediatrica.
Per circa un mese non seppi più nulla poi, come succede quasi sempre, ormai rassegnato e convinto di aver avuto un'idea assolutamente folle, ricevetti una risposta sempre via email.
L'ultimo messaggio, quello rivolto effettivamente a me, in se era molto breve, le fantastiche ragazze dell'AIRC, che non finirò mai di ringraziare, si scusavano per il ritardo della risposta ma intanto mi diedero un nome da contattare proprio al reparto di pediatria dell'INT. Quello che mi ha lasciato veramente strabiliato e piacevolmente sorpreso era che la mia email, da quando l'avevo spedita, non si era mai fermata. Nel corpo del messaggio era presente tutta la storia di quel viaggio incredibile che aveva compiuto questo mio desiderio. Associazioni, medici, operatori del settore sanitario eccetera. Questa idea impossibile rimbalzava di computer in computer in cerca di qualcuno che fosse stato in grado di renderla fattibile. Ed ecco qui finalmente il contatto a cui fare riferimento, una giovane educatrice che offre il suo prezioso contributo proprio al settimo piano dell'INT il reparto di pediatria.
Il giorno dopo chiamo subito il mio contatto. Mi risponde una voce giovane e simpatica, mi presento ma lei era già al corrente di tutto, il mio messaggio evidentemente era transitato anche sul suo computer. Dopo qualche minuto al telefono decidiamo di darci del tu e le spiego il nostro progetto: portare il nostro spettacolo, anche adattato, a tutti i bambini ospitati dal Centro. Veronica, questo è il nome del mio contatto, entusiasta mi fissa un appuntamento per il pomeriggio di qualche giorno più tardi. Mi avrebbe così fatto vedere gli spazi disponibili in modo da poter valutare se questa nostra idea era proprio una follia o poteva essere in qualche modo realizzabile. Contatto immediatamente Marco, tecnico audio o come scherzosamente si vuole far chiamare lui 'ingegnere del suono'. Insieme ad altri due compagni di merende formano il team dei moschettieri gruppo che ci aiuta sempre con molto entusiasmo nella realizzazione dei nostri spettacoli. Mi occorreva un parere tecnico nel caso ce ne fosse stato bisogno. Prendo un permesso in ufficio e ci presentiamo all'appuntamento. Conosciamo Veronica simpaticissima ragazza energica e solare che ci accompagna a visitare i possibili spazi a disposizione per lo spettacolo. Intanto che la seguiamo attraversando lunghi corridoi prendendo ascensori e salendo e scendendo rampe di scale mi viene un pensiero: ma questa ragazza come fa a essere così allegra e gioviale ed essere insieme tutto il giorno a dei bambini malati? La risposta l'avrò più tardi.
Visitiamo tutti i luoghi possibili ma purtroppo ci accorgiamo subito che difficilmente riusciremo ad adattare sia gli spazi messi a disposizione che lo spettacolo per concretizzare il nostro desiderio. L'unica soluzione possibile sembra essere una specie di aula magna che io peraltro conoscevo già per aver partecipato alle riunioni dei volontari AIRC ma la struttura dell'aula stessa non permette di avere un'area da predisporre come palco, per il resto sarebbe stata perfetta.
Sconsolati e un po' delusi Veronica ci porta a vedere l'ultima possibilità anche se si rende conto lei stessa che questa è ancora più critica delle altre. In reparto hanno un ampio spazio adibito a sala giochi che, spostando qua e la i mobili questo spazio potrebbe ancora aumentare. E' evidente che la nostra accompagnatrice sta facendo di tutto per trovare un soluzione e poter regalare ai suoi bambini qualche ora di puro divertimento. Prendiamo l'ascensore e destinazione “settimo cielo”. Appena usciti la sensazione è stata quella di non essere in un ospedale ma bensì in una scuola materna. Ad accoglierci subito è un Balù, Mowgli & company in una scena del libro della giungla dipinta direttamente sul muro. Meraviglia il fatto poi che non si percepisce nessun strano odore di medicinali o disinfettanti, di quelli che si sentono in tutti gli ospedali. Veronica ci dice che in quel momento sono ricoverati in reparto circa otto bambini, molti altri invece vengono solo per le terapie ma poi tornano a casa propria.
Non entriamo nelle stanze ma ciò che vediamo fuori è sufficiente. Mentre percorriamo il corridoio che ci avrebbe portato nella cosiddetta sala giochi incontriamo una giovane mamma con uno sguardo che non lasciava dubbi sul suo stato d'animo e sulle sue angosce. Dal velo che indossava non era italiana e forse stava chiedendo a un Dio diverso dal nostro la forza di continuare a sperare. Poco più indietro il papà, tra le braccia un bambino, difficile poterle dare un'età, avrà avuto circa 8 anni. In testa una piccola bandana blu con disegni bianchi per coprire la testina completamente calva, risultato, sperando che non sia l'unico, di terapie aggressive. Ci ha impressionato quel corpicino magro a tal punto da sembrare non avere neanche più le ossa, tra le braccia del papà sembrava quasi un bambolotto di pezza. Una testa più grossa del corpo e due occhi enormi di quelli che quando ti guardano ti perforano l'anima. Improvvisamente ci scansiamo perché alle nostre spalle un piccolo centauro, sul suo triciclo giallo, non ci avrebbe pensato due volte ad investirci. Non curante della nostra presenza proseguì nella sua corsa con al seguito la nonna che spingeva su un trespolo a rotelle due flebo collegate, con delle cannucce, alle braccine dell'impavido motociclista. Arriviamo alla sala giochi dove un' altro bambino era concentratissimo a realizzare una ardita opera di ingegneria edile con i lego. Purtroppo ci rendiamo conto ben presto che anche in questo caso lo spazio a disposizione è talmente esiguo da far cadere subito ogni speranza di vedere il nostro sogno realizzato. La risposta di come facesse Veronica a mantenere quel comportamento allegro e spensierato in mezzo a tutte quelle sofferenze è arrivata quando l'abbiamo vista insieme ai suoi bambini. Abbiamo fatto così un giro al settimo piano anche se mi piace chiamarlo “settimo cielo” senza voler fare nessun riferimento ai racconti danteschi. Non siamo in Paradiso ma qui, vi garantisco, si è molto vicini. Ringraziamo quindi la nostra “Beatrice”, ovvero Veronica, della sua gentile disponibilità e ci lasciamo ripromettendoci di farci venire sicuramente qualche altra buona idea per i suoi bambini. Termina così il nostro pomeriggio al reparto di Pediatria del Centro Tumori di Milano, un pomeriggio non molto rilassante ma in cui viene riconfermata in modo forte e determinato la mia intenzione di continuare sulla strada intrapresa anche se cosparsa da mille e mille ostacoli.
Grazie all'AIRC e alle sue ragazze.
Grazie ai medici agli operatori sanitari e a tutti quelli che ci hanno provato a farci realizzare questo progetto.
Grazie a Veronica per la sua disponibilità e simpatia.
Grazie a Marco per avermi accompagnato in questo luogo di speranza per tanti bambini e tanti genitori

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